lunedì 29 giugno 2009

domenica 28 giugno 2009

“Un campo per accrescere le conoscenze dei nostri ragazzi”

Intervista ad Andrea Mazzù, capo-campo

Buongiorno Andrea, per cominciare con la nostra intervista perché non ci dici cosa ne pensi del posto?

E’ un posto meraviglioso, con una vegetazione affascinante, capace di contenerci tutti (pensate siamo quasi 100), dando anche una certa comodità a tutti i vari sottocampi. Infatti, i padri rogazionisti ci hanno dato la possibilità di un piccolo casolare in cui si trovano sia i bagni che la cucina, per i nostri piccoli futuri cuochi. Disponiamo, inoltre, delle stanze che sono servite per ospitare la redazione dei nostri giovani giornalisti e per il laboratorio dei lavoratori del cuoio.
Sei contento di essere stato nominato Capo-Campo?
Si, molto contento. Soprattutto perché questo campetto di specialità è uno dei primi che si svolge a Messina. Questo è il sesto.
Se non fossi stato capo-campo quale specialità ti sarebbe piaciuta insegnare?
Mi piacciono molto le specialità manuali; avrei scelto lavoratore del cuoio, fabbro oppure cuoco.
Pensi che questo campo sia utile per gli esploratori o le guide che vi partecipano?
Certamente, perché non serve solamente per il loro sentiero ma anche per accrescere le loro conoscenze.
Quanto tempo ci è voluto per organizzare tutto?
Ci sono voluti circa quattro mesi.
Un saluto ai lettori...
Auguro a tutti i partecipanti del campetto di vivere al meglio questa avventura e a tutti quelli che non sono potuti venire di poterla vivere. Buona Caccia!

Marzia Villari e Basilio Marotta

Vita da logista: Non solo cibo.


Durante il nostro giro di interviste incontriamo un gruppo di ragazzi che stanno stendendo un telone. Sono i nostri logisti; gli abbiamo fatto qualche domanda.

Ciao ragazzi, che state facendo?
Stiamo stendendo un telone che verrà sormontato da una tenda
Ma è vero che voi logisti partecipate ai campi solo per mangiare?
(Fanno una risata molto ironica e ho rischiato di farmi cacciare). In realtà noi logisti pensiamo a soddisfare i vostri bisogni
Ci avviciniamo al capo logisti: il Grande Mastro Tonino e gli domandiamo qual è il numero perfetto di logisti?
Non c’è mai un limite, più si è meglio è!
Da quanti anni partecipi ai campetti di specialità?
Dal primo anno in cui si sono organizzati qui a Messina, cioè da sei anni.
Che qualità bisogna avere per essere capo logista?
Bisogna avere pazienza; molta, ma molta pazienza. Bisogna essere disponibili soprattutto quando un esploratore o una guida ti chiede un’informazione e sapergliela spiegare nel migliore dei modi possibili
A quale età si può diventare logista?
Per un campo come questo sicuramente è sempre meglio dopo la partenza (il momento conclusivo della vita scout per un educando), ma per i campi delle unità vanno benissimo i ragazzi del clan.
Dopo avere ringraziato il Grande Mastro Tonino, che ci saluta calorosamente, ci rivolgiamo a tutti i logisti e chiediamo loro se vogliono lasciare una piccola dedica per i lettori.
Vi auguriamo di tornare nei vostri reparti con maggiore competenza e responsabilità. Ciao e Buona Caccia!
Marzia Villari e Basilio Marotta

Piccoli esploratori crescono

Abbiamo intervistato alcuni dei partecipanti ai vari campi di specialità formulandogli delle domande riguardo a cosa stessero facendo, come si stessero trovando, se avevano avuto esperienze in questo campo o se fossero venuti per imparare ecc. Gli intervistati sono: Luca (fotografo), Alessandro (cuoco), Alberto (lavoratore in cuoio), Giulia (campeggiatore), Marianna (campeggiatore.)


D. Perché hai deciso di partecipare a questo campo?
Fotografo: Per prendere questa specialità.
Cuoco: Per prendere la specialità di cuciniere.
Lavoratore del cuoio: Per imparare a lavorare il cuoio.
Campeggiatore1: Per migliorare le mie capacità in questo campo.
Campeggiatore2: Per migliorare le sue capacità in questo campo.


D. Come ti trovi nel tuo gruppo di specialità?
FO: Bene.
CU: Benissimo.
LC: Bene
CA1: Bene
CA2: Molto bene

D. Avevi già qualche esperienza nel campo della tua specialità oppure lo hai scelto per imparare?
FO: Avevo già qualche esperienza
CU: Ho scelto questo campo per imparare a cucinare.
LC: Non avevo alcuna esperienza l’ho fatto per imparare.
CA1: Per migliorare le mia capacità in questo campo.
CA2: L’ho fatto un po’ per tutti e due i motivi e soprattutto per il campo estivo.

D. Cosa state facendo per ora?
FO: Stiamo fotografando la natura e alcuni paesaggi.
CU: Stiamo cucinando i pidoni.
LC: Stiamo realizzando quaderni di caccia con il cuoio.
CA1: stiamo costruendo una sopraelevata.
CA2: Stiamo costruendo una sopraelevata.

Claudia Granata
Gianluca Marotta

La più bella del campo

Chi è la più bella del campo? Ma naturalmente la nostra "baby birba".



Il sondaggio del campo

La nostra redazione tra i suoi lavori ha deciso di fare un piccolo sondaggio tra i vari partecipanti al campo di specialità. Gli intervistati sono stati dieci, ai quali è stata posta la seguente domanda: "Quali sono le scarpe più comode per uno scout?". Nel grafico seguente i risultati.



Villa Santa Maria: tra silenzio e natura

Il 27 Giugno 2009, ha avuto inizio il campetto di specialità di Messina che si è svolto a Villa Santa Maria, un posto immerso nel verde in cui si possono osservare molte specie di alberi tra cui cipressi, ulivi, fichi d’india, noccioli e pini.
Inoltre, ci sono arbusti di bacche, cespugli di rose, ibischi e margherite in quantità. Sono presenti anche zone di svago come il campo da basket e il maneggio.
Abbiamo intervistato Padre Vincenzo, il responsabile della struttura, che ci ha raccontato molte cose sul posto.
Ha cominciato dicendo che inizialmente Villa Santa Maria era una residenza estiva per orfani dove c’era una fattoria (che era situata dove adesso c’è il maneggio). Verso gli anni 80’ è stata abbandonata, solo dagli anni 90’ è utilizzata come sede del noviziato dei padri rogazionisti.
Padre Vincenzo ha aggiunto che il silenzio ed il verde sono secondo lui le qualità migliori di questo posto. Secondo noi questo è un luogo “prezioso” perché ormai agli alberi si sta togliendo sempre più spazio per darlo alle città, mentre si dovrebbe rispettare e convivere con la natura come fanno qui.
Adriana e Myriam

Vite da parroco a confronto

Abbiamo chiesto a due sacerdoti di questa comunità di parlarci della loro scelta di servizio. Ecco le loro dichiarazioni.


Padre Michele - “Per tutti i sacerdoti il 2009 è un anno importante perché è stato definito dal Papa “anno sacerdotale”. Sono queste le prime parole di Padre Michele, uno dei frati della comunità dei rogazionisti. Il frate è originario della Puglia, ma ci ha raccontato che nella sua vita ha partecipato a molte missioni. Una in particolare in Argentina dove c’erano realtà diverse dalle nostre. In questo viaggio è stato in circa 80 posti, in particolare negli istituti religiosi di Buenos Aires Campana, Cordoba e San Michele di Tucuman. Non è partito per sua scelta ma è stato mandato, insieme ad un suo collega. Ha scelto di intraprendere il cammino di sacerdote perché si è sentito come guidato dal Signore. Infatti, quando era piccolo, cadde in un pozzo e rimase in acqua per circa quindici minuti, mentre sua madre da fuori pregava Sant’Antonio perché riuscisse a salvarsi. Quando riuscirono a tirarlo fuori lo rivestirono con degli abiti che sembravano quelli di un sacerdote; da quel momento capì che quello era un segno del destino e che quindi avrebbe dovuto intraprendere quel cammino. Abbiamo chiesto, inoltre, a padre Michele se nel caso in cui non fosse caduto nel pozzo avrebbe fatto la stessa scelta. Lui non ha risposto.


Padre Vincenzo – Il parroco responsabile di Villa Santa Maria, il luogo in cui si è svolto il nostro campo di specialità, ci ha detto che ha deciso di intraprendere questo cammino perché quando era piccolo guardava sempre il parroco della sua chiesa e diceva che da grande sarebbe diventato come lui. Abbiamo chiesto, inoltre, se nella sua vita avesse fatto qualche missione. Ci ha risposto di essere stato in Albania. La difficoltà più grande, nel suo cammino sacerdotale, fu quella di lasciare Messina per andare a Roma e continuare la sua strada. L’ esperienza più bella fu quando mentre camminava con i suoi compagni, iniziò ad avere una sete tremenda; un bambino, che lungo il cammino aveva raccolto delle more, gliene offrì un paio, e lui apprezzò molto quel gesto. Gli abbiamo chiesto se tornando indietro rifarebbe la stessa scelta. Ha risposto di sì, perché anche se ha avuto dei problemi è soddisfatto della vita che ha fatto.
Claudia Granata
Gianluca Marotta

venerdì 26 giugno 2009

Il nuovo giornale

Non era abituato alle cerimonie. La poltrona sulla quale era seduto sembrava fosse tempestata di spine, infatti, non riusciva a stare fermo per più di dieci secondi. Il nodo della cravatta lo strangolava e le scarpe gli imprigionavano il piede in una morsa letale. Era palese che non vedeva l’ora di tornare al n.111 di River Street per svestire quegli indumenti che non gli appartenevano. Di lì a poco sarebbe tornato ad indossare uno dei suoi pantaloni di ciniglia blu scuro, la camicia bianca e uno dei tanti gilet che acquistava al negozio di Miss Doroty, che non perdeva occasione per criticare i suoi articoli.
James Brook era al culmine della sua carriera, lavorava già da otto anni al London Daily e subito si era fatto conoscere per la sua estrema abilità nello scovare i fatti più strani ed eclatanti della città.
I londinesi ormai leggevano con avidità i suoi articoli e, da quando era diventato capo servizi della cronaca, era invitato come relatore nei più prestigiosi club della città.
Quella volta era stato chiamato dall’Ordine degli Avvocati di Londra, per tenere un intervento sui rapporti tra la giustizia e il giornalismo. In effetti, nessuno meglio di lui poteva trattare la questione, ogni commissariato di polizia e ogni tribunale di Londra non scampava, infatti, alle sue visite giornaliere in cerca di notizie.
Finalmente era arrivato il suo turno di parlare; dopo uno sguardo distratto al pubblico, col sudore che già gli riempiva la fronte, raccontò alcune delle sue esperienze. Odiava parlare in pubblico e spesso doveva interrompersi per bere un sorso d’acqua. In seconda fila, tra la platea, non aveva potuto fare a meno di notare il sorriso sfottente di Thomas Roman, l’annunciatore bellimbusto della BBC. Lui, al contrario di James, aveva fatto della sua vanità un mestiere.
Quel discorso gli sembrò durare un’eternità e solo dopo gli applausi finali il cuore di James tornò a battere a un ritmo più umano.
Il taxi lo attendeva fuori dal London Business Hotel, il luogo in cui si era svolto il congresso, la sua casa era a pochi chilometri.
Per non pensare alla guida spericolata del tassista, il suo sguardo si era concentrato su un punto fisso sopra lo specchietto retrovisore. La sua mente non era però persa nel vuoto come lo sguardo. Forse era stato il nodo troppo stretto della cravatta o la visione spettrale di Thomas Roman, fatto sta che da quando era uscito dall’hotel James non era più lo stesso.
Un’idea fissa gli saltellava in testa, lui stesso era conscio dell’assurdità di quel pensiero, ma era più forte di lui. Sapeva già che quello che stava per fare di lì a poco o avrebbe distrutto per sempre la sua carriera o, invece, lo avrebbe definitivamente fatto entrare nell’Olimpo dei giornalisti.
Si era deciso! Proprio lì, in quel momento, su quel taxi, era nato il suo sogno: fondare un nuovo giornale. Dove avrebbe trovato dei giovani giornalisti disposti a lavorare per lui? E, soprattutto, dove avrebbe preso i soldi per far nascere il giornale?