venerdì 26 giugno 2009

Il nuovo giornale

Non era abituato alle cerimonie. La poltrona sulla quale era seduto sembrava fosse tempestata di spine, infatti, non riusciva a stare fermo per più di dieci secondi. Il nodo della cravatta lo strangolava e le scarpe gli imprigionavano il piede in una morsa letale. Era palese che non vedeva l’ora di tornare al n.111 di River Street per svestire quegli indumenti che non gli appartenevano. Di lì a poco sarebbe tornato ad indossare uno dei suoi pantaloni di ciniglia blu scuro, la camicia bianca e uno dei tanti gilet che acquistava al negozio di Miss Doroty, che non perdeva occasione per criticare i suoi articoli.
James Brook era al culmine della sua carriera, lavorava già da otto anni al London Daily e subito si era fatto conoscere per la sua estrema abilità nello scovare i fatti più strani ed eclatanti della città.
I londinesi ormai leggevano con avidità i suoi articoli e, da quando era diventato capo servizi della cronaca, era invitato come relatore nei più prestigiosi club della città.
Quella volta era stato chiamato dall’Ordine degli Avvocati di Londra, per tenere un intervento sui rapporti tra la giustizia e il giornalismo. In effetti, nessuno meglio di lui poteva trattare la questione, ogni commissariato di polizia e ogni tribunale di Londra non scampava, infatti, alle sue visite giornaliere in cerca di notizie.
Finalmente era arrivato il suo turno di parlare; dopo uno sguardo distratto al pubblico, col sudore che già gli riempiva la fronte, raccontò alcune delle sue esperienze. Odiava parlare in pubblico e spesso doveva interrompersi per bere un sorso d’acqua. In seconda fila, tra la platea, non aveva potuto fare a meno di notare il sorriso sfottente di Thomas Roman, l’annunciatore bellimbusto della BBC. Lui, al contrario di James, aveva fatto della sua vanità un mestiere.
Quel discorso gli sembrò durare un’eternità e solo dopo gli applausi finali il cuore di James tornò a battere a un ritmo più umano.
Il taxi lo attendeva fuori dal London Business Hotel, il luogo in cui si era svolto il congresso, la sua casa era a pochi chilometri.
Per non pensare alla guida spericolata del tassista, il suo sguardo si era concentrato su un punto fisso sopra lo specchietto retrovisore. La sua mente non era però persa nel vuoto come lo sguardo. Forse era stato il nodo troppo stretto della cravatta o la visione spettrale di Thomas Roman, fatto sta che da quando era uscito dall’hotel James non era più lo stesso.
Un’idea fissa gli saltellava in testa, lui stesso era conscio dell’assurdità di quel pensiero, ma era più forte di lui. Sapeva già che quello che stava per fare di lì a poco o avrebbe distrutto per sempre la sua carriera o, invece, lo avrebbe definitivamente fatto entrare nell’Olimpo dei giornalisti.
Si era deciso! Proprio lì, in quel momento, su quel taxi, era nato il suo sogno: fondare un nuovo giornale. Dove avrebbe trovato dei giovani giornalisti disposti a lavorare per lui? E, soprattutto, dove avrebbe preso i soldi per far nascere il giornale?

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